01
Apr

Platicerium

Domanda: Cari amici, qualche giorno fa ho formulato la medesima domanda ma non avendo avuto risposta la riformulo nuovamente. Ho paura che il Platicerium (la cui foto è allegata alla presente) stia morendo. Attualmente è posizionato sul davanzale della finestra nel mio ufficio, collocato in un contenitore trasparente per alimenti senza il vaso. Il pane di terra che avvolge le radici poggia su un sottovaso rovesciato. Viene innaffiato ogni 10 giorni riempiendo il contenitore trasparente di acqua affinchè possa essere assorbita completamente dalla radice. Cos’altro fare per salvarlo? Ringraziando anticipatamente Ugo Laneri e chiunque altro possa risultare d’aiuto per le cure del caso saluto cordialmente. Vincenzo Di Renzo

Postata da: DI RENZO VINCENZO
Risposta di: Dott. Ugo Laneri

Premetto che bisogna chiedere aiuto agli esperti al manifestarsi dei primi sintomi di malattia delle nostre piante, descrivendo la posizione, da quanto tempo si possiede la pianta, le cure adottate. I Platycerium sono delle Felci, piuttosto atipiche sia per la forma che per le loro esigenze, appartenenti alla famiglia delle Polypodiaceae, e dette solitamente “Corna d’alce”. Il loro nome deriva dal greco: platys = largo e kéras = corna. In tutto ci sono circa 18 specie, ma due sono quelle più coltivate: Platycerium alcicorne, originario del Madagascar e Polinesia e la simile P. bifurcatum, originaria dell’Australia temperata, che presenta le foglie più ricadenti ed è più adattabile alla coltivazione casalinga. In Natura sono epifite, cioè vivono sopra altre piante, nutrendosi solo di qualche detrito in decomposizione, e dell’acqua piovana. Le specie epifite sono tipiche di regioni più o meno calde, ma sempre molto umide (ciò vale anche per molte Orchidee e Bromeliacee). Essendo posizionate spesso all’ascella di rami di alberi, abbisognano di ombra; ma teniamo presente che l’ombra in questo caso corrisponde ad una buona illuminazione casalinga. Particolarmente apprezzate per il loro aspetto insolito, richiedono però queste cure: posizione luminosa vicino ad una finestra, senza sole diretto (ma un po’ al mattino non dovrebbe far male) e soprattutto molta umidità ambientale; temperatura sui 20°C e mai inferiore a 10-12°C (di notte). Spesso vengono coltivate in vasi bassi sui substrati per Orchidee, oppure fissate su un pezzo di tronco, a sua volta incastrato in un vaso rettangolare. L’umidità ambientale si può creare intorno alla pianta ponendo il vaso su ghiaia o argilla espansa mantenuta sempre bagnata, ma senza che il fondo del vaso sia immerso in acqua. Le concimazioni dovrebbero essere molto leggere e diradate nel tempo. Considerando i climi d’origine, non è necessario annaffiarle spesso, anzi: là dove vivono ci sono periodi di mancanza di piogge (ma l’umidità delle foreste in genere si mantiene a lungo); la pruina biancastra di cui sono ricoperte dovrebbe aiutarle ad evitare la disidratazione. E’ quindi probabile che il cattivo stato della pianta in oggetto sia dovuto ad un eccesso di annaffiature e quindi ad un marciume radicale, a cui tutte le epifite sono molto soggette. Guardando la situazione della pianta dalla foto, è in dubbio che essa sopravviva, si può solo tentare. La cura consiste quindi nell’interrompere le annaffiature per lo meno in questo periodo di scarsa luminosità; non vorrei che ci fosse di mezzo anche il caldo dei termosifoni, particolarmente nocivo soprattutto a tale gruppo di piante (ma a tutte): in questo periodo cala la luminosità e quindi la funzione fotosintetica, e quindi l’assorbimento di acqua e nutrienti. Se poi aumentiamo la temperatura, provochiamo un grave squilibrio: aumenta la respirazione (il contrario della fotosintesi: gli zuccheri vengono demoliti), cioè il catabolismo e quindi la pianta si “consuma”; in Natura invece c’è un equilibrio tra quantità di luce e calore (più luce = più calore; meno luce = meno calore) e di ciò dobbiamo tenere conto. Contemporaneamente allo stress della pianta, si creano invece le condizioni ideali per l’attacco di funghi opportunisti o patogeni. Non ho esperienza diretta nell’uso di fungicidi su tale pianta, quindi proverei con la classica miscela bordolese oppure fungicidi sistemici a base di Propamocarb (ad es. Previcur), ma ripeto che è un tentativo in extremis, si sarebbe dovuto intervenire ai primi sintomi di malessere, oppure prevenire venendo incontro alle esigenze della pianta. 

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