Domanda: Buonasera, ho allegato la foto di un rincospermo con foglie macchiate e ingiallite; si tratta di una pianta messa a dimora circa 3 anni fa che ha ben sviluppato i suoi 3-4 metri di altezza; le foglie malate dopo un pò seccano e si staccnto. Chiedo all’esperto (che suppongo sia il dr. Rossi) se mi può indicare di quale malattia si tratta, gli eventuali rimedi e la pericolosità complessiva della malattia. Grazie.
Postata da: luciano scatena
Risposta di: Dott. Ugo Laneri
DIAGNOSI E CURE Nell’immagine si notano foglie gialle ed alcune di colore rosso. Il colore giallo (clorosi) generalmente è indice di una (o più) carenze nutritive. Purtroppo non viene detto nulla sul tipo di suolo né se vengono effettuate regolarmente delle concimazioni. Il colore rosso invece è la reazione ad una condizione di stress che può essere fisico come il freddo (esistono varietà/specie di rincospermo che in autunno presentano foglie rosse), o anche chimico. Qui è molto probabile che si tratti di normali reazioni della pianta e che con il rialzo delle temperature ed il rinnovo del fogliame, ogni problema sarà risolto. Così anche le piccole maculature fogliari dovute ad un fungo, forse Colletotrichum secondo l’amico Gianfranco Rossi, non sono preoccupanti. Se la clorosi persistesse, vedi gli Approfondimenti qui sotto. Il Rincospermo è un sempreverde “volubile” (i suoi fusti si attorcigliano ai supporti) rustico (sopporta lievi gelate) e relativamente poco esigente, ma ama i terreni drenati neutri o sub-acidi, (mentre non gradisce i suoli calcarei o argillosi), ricchi di humus e posizioni solatie per fiorire profusamente. La vegetazione può essere molto rigogliosa ed arrivare anche a 8-10 m; dopo la fioritura primaverile c’è lo sviluppo di nuovi rami e foglie e le vecchie foglie col tempo cadono, spesso presentando prima un cambiamento di colore. In vaso, anche in inverno abbisogna di annaffiature, sia pure diradate. Pochi sono i parassiti del Rincospermo, ma gli afidi e le cocciniglie possono attaccare le piante particolarmente quando esse sono in stress o ricevono troppo azoto o la vegetazione è troppo fitta (altrove ho dato dei consigli su come eliminare questi parassiti in maniera ecologica). E’ opportuno infatti ogni tanto intervenire con potature dopo la fioritura, ed eliminare le vecchie infiorescenze; dai fusti esce un latice bianco appiccicoso. Come già detto per la Photinia, ma ancor più qui per una ricca fioritura e vegetazione, raccomando l’uso di concimi organici maturi (stallatico, compost) o di inorganici a cessione lenta o controllata (Nitrophoska Gold, Nutricote ecc.), che hanno bisogno di un certo tempo per far sentire la loro azione. La propagazione va fatta per talea o margotta o propaggine, dopo la fioritura. APPROFONDIMENTI Un consiglio per le carenze nutritive di tutte le piante: se si trattasse di carenza di ferro (una delle carenze più comuni in vaso o in terreni calcarei) e si volesse risolvere rapidamente il problema, sarebbe opportuna la somministrazione di prodotti contenenti ferro chelato (ferro sequestrene), che però andrebbe scelto in funzione del pH del suolo e del trattamento (per via radicale o fogliare). Se il pH del suolo è alcalino maggiore di 8 (fatto che si verifica nei terreni calcarei, sassosi) andrebbe versato nel suolo del FeDDHA (o altri chelati contenenti le lettere “DD” nella sigla, come ad es. FeDDHMA), mentre del FeEDTA (o altri chelati aventi le lettere “DT” nella sigla, es. FeDTPA) se il pH del suolo è inferiore a 8 o si vuol fare un trattamento fogliare; infatti FeDDHA e simili non si degradano a pH > 8, ma sono fotolabili, quindi non adatti per trattamenti fogliari, al contrario di FeEDTA e simili che si degradano con un pH maggiore di 8, ma sono fotoresistenti. In conclusione: con FeEDTA, il più diffuso Fe chelato, si consiglia un trattamento fogliare. Una fertilizzazione completa di macro e micronutrienti e l’uso di torba, per mantenere un pH basso, sono consigliabili per prevenire le carenze e quindi le clorosi: anche questo vale per tutte le piante; per le acidofile bisogna usare fertilizzanti dedicati. Inquadramento sistematico e specie della Famiglia. Il Rincospermo, chiamato un tempo Rhynchospermum jasminoides, è stato da anni rinominato correttamente Trachelospermum jasminoides. Il nome del genere deriva da una caratteristica del seme, mentre jasminoides significa “simile a Jasminum (il gelsomino)” per il suo profumo e forma del fiore. Esso è originario dell’Asia orientale e appartiene alla famiglia delle Apocynaceae, in maggioranza esotica e diffusa soprattutto nelle regioni tropicali e sub-tropicali, con specie frequentemente succulente (Pachypodium, Adenium, Plumeria..). Da noi un tempo era spontaneo nelle fiumare del Sud Italia il velenoso Oleandro (Nerium oleander) e poche altre specie. Tra le Apocynaceae ornamentali spicca la rampicante Mandevilla (ad es. M. suaveolens dai fiori bianchi profumati; o gli ibridi di M. sanderi, detti commercialmente “Sundaville”, di colore rosso o rosa), la stupenda e profumata ma delicata Plumeria (P. rubra ed affine P. alba), dai fusti piuttosto succulenti, coltivata talvolta nelle regioni del Sud Italia, magari proteggendo i germogli dal fresco-umido mediante gusci di uova, un tempo usata per fare le collane di fiori nelle Hawaii; inoltre Thevetia peruviana, Allamanda cathartica, il curioso Pachypodium lamerei, specie spinosa succulenta, dall’aspetto cactiforme (che però presenta un ciuffo di foglie quando è in vegetazione) dai grandi fiori profumati. Alla stessa famiglia appartiene anche la Pervinca (Vinca major e V. minor) e il Cataranthus roseus (un tempo noto come Vinca rosea), del Madagascar, che contiene alcune sostanze (vincristina e vinblastina) ad azione anti-tumorale. Notevolmente decorativa e di interesse alimentare nel Natal (Sud Africa) è Carissa macrocarpa, cespuglio spinoso che produce frutti dal sapore di fragola della grandezza di una prugna, coltivata nel centro-sud Italia curando il riparo dai venti gelidi. All’affine famiglia Asclepiadaceae (considerata nella classificazione APG una sottofamiglia delle Apocynaceae: Asclepiadoideae) appartengono piante erbacee, talvolta lianose, come Araujia sericifera o arbusti come l’ornamentale Asclepias curassavica (interessantissima per la relazione con la farfalla Monarca) o la singolare Asclepias syriaca (pianta dei pappagalli, per la forma dei suoi frutti), Asclepias (Gomphocarpus) fruticosa, naturalizzata in alcune regioni italiane, dai frutti verdi globosi. Le succulente Caralluma, Ceropegia, Stapelia; dalle foglie carnose Hoya (bellissima H. carnosa), lianosa; inoltre Calotropis procera (il “pomo di Sodoma”, da non confondere con Solanum sodomaeum), comune in Nord Africa e Asia minore. Molte Apocynaceae ed ancor più le Asclepiadaceae (da Asclepio o Esculapio, dio della Medicina) posseggono delle sostanze più o meno tossiche, che però estratte e purificate, possono avere un uso medicinale: ricordiamo tra le altre Rawolfia e Strophanthus. Da alcune specie si estrae del caucciù. Il frutto è spesso un follicolo contenente semi con attaccati, solitamente, dei filamenti che ne facilitano la dispersione.